Chatbot perlocutivi: come indurre azioni senza manipolare le persone

Scritto da: Fabrizio Gabrielli

Tempo di lettura: 8 minuti Dal linguaggio alla decisione: cosa sono i chatbot perlocutivi Nel mondo digitale di oggi, i …

Tempo di lettura: 8 minuti

Dal linguaggio alla decisione: cosa sono i chatbot perlocutivi

Nel mondo digitale di oggi, i chatbot non sono più semplici strumenti di assistenza: sempre più spesso vengono progettati per influenzare decisioni, guidare un acquisto, orientare un comportamento. In questi casi parliamo di chatbot perlocutivi, un termine preso in prestito dalla filosofia del linguaggio che indica un atto capace di produrre un effetto concreto sull’interlocutore.

Se pensiamo al marketing, la potenzialità è enorme: un chatbot può diventare un vero agente persuasivo, capace di condurre un cliente dal dubbio alla conversione. Ma con questo potere arriva anche una responsabilità: come distinguere tra una persuasione etica e una manipolazione scorretta?

Le aziende che vogliono crescere in modo sostenibile ed etico devono porsi questa domanda. Perché la fiducia, una volta persa, è molto più difficile da riconquistare di una vendita mancata.

Rischi concreti per le fasce vulnerabili

I chatbot perlocutivi possono diventare uno strumento estremamente potente, ma se mal progettati o usati senza criteri etici rischiano di trasformarsi in vere e proprie armi di manipolazione. Le fasce più vulnerabili della popolazione sono le più esposte.

  • Anziani → tendono a fidarsi delle voci rassicuranti e delle interfacce semplici. Un consiglio formulato con tono autorevole può tradursi in acquisti compulsivi o in abbonamenti non desiderati.
  • Minori → il linguaggio gamificato e le ricompense virtuali possono spingere bambini e adolescenti a cliccare senza riflettere. Rischio: pubblicità occulta, spese in-app e dipendenza dall’interazione.
  • Persone con disabilità cognitive → un bot che simula empatia può sembrare un amico affidabile, inducendo decisioni non consapevoli.
  • Utenti con bassa alfabetizzazione digitale → spesso non riconoscono quando parlano con un’IA, né distinguono tra un’informazione neutra e una spinta commerciale. Questo li espone a manipolazione cognitiva e a truffe.

Non si tratta di rischi teorici. Studi citati dalla rivista tedesca SZ Magazin hanno documentato casi di persone che sviluppano legami affettivi con chatbot, abbassando le proprie difese emotive. Rapporti di Europol e analisi di portali come Cybersecurity360 hanno messo in evidenza come chatbot non regolati possano diventare veicolo di phishing e frodi.

In altre parole, quello che appare come un innocuo assistente virtuale può diventare — per chi non ha strumenti critici adeguati — un agente di circonvenzione digitale.

I 5 principi fondanti per chatbot etici

Se un’azienda vuole usare i chatbot perlocutivi come leva di marketing senza rischiare di cadere nella manipolazione, servono regole chiare. Un vero framework etico si può riassumere in cinque principi fondamentali:

  1. Trasparenza → il chatbot deve dichiarare chiaramente il proprio scopo: se sta vendendo, se sta informando, se sta facendo engagement. Niente zone grigie.
  2. Consenso informato → l’utente deve sapere che sta interagendo con un’IA e che alcune risposte possono avere finalità persuasive.
  3. Non manipolazione → vietato l’uso di tecniche coercitive o ingannevoli come il finto senso di urgenza o il framing distorto (“tutti lo fanno, fallo anche tu”).
  4. Inclusività → il design deve essere accessibile a tutte le fasce: anziani, minori, persone con disabilità cognitive o bassa alfabetizzazione digitale.
  5. Responsabilità → chi progetta e gestisce il chatbot deve monitorarne i comportamenti, correggere eventuali derive e garantire un uso coerente con valori aziendali sostenibili ed etici.

Applicare questi principi non è un limite creativo, ma una scelta strategica: costruisce fiducia, rafforza la reputazione e rende il marketing davvero sostenibile nel tempo.

Livelli di interazione etica: dal dato all’azione

Non tutti i chatbot hanno lo stesso grado di influenza sull’utente. Possiamo immaginare una scala a tre livelli, dal più neutro al più incisivo. Comprendere questa progressione è fondamentale per distinguere tra un uso sostenibile ed etico e pratiche che rischiano di sconfinare nella manipolazione.

  • Informativo
    In questo livello il chatbot si limita a fornire dati, senza alcuna spinta all’azione. È il caso di un bot che ti comunica gli orari di apertura di un negozio, oppure il bollettino meteo. L’impatto è minimo e l’utente mantiene piena autonomia decisionale.
    • Misure etiche: citare sempre le fonti, usare un linguaggio neutro e chiaro, garantire che le informazioni siano aggiornate. In questo modo si rafforza la fiducia di base nell’assistente.
  • Persuasivo
    Qui il chatbot non si limita a informare, ma cerca di indirizzare la riflessione dell’utente. Pensiamo a un bot di e-commerce che, sulla base delle preferenze espresse, consiglia un prodotto correlato. Non è ancora una pressione diretta, ma l’intento è evidente: guidare una scelta.
    • Misure etiche: essere trasparenti sull’obiettivo (“ti suggerisco questo perché…”) e garantire sempre alternative. In altre parole, la persuasione deve sembrare un consiglio leale, non una scorciatoia nascosta verso un’unica opzione.
  • Perlocutivo
    Questo è il livello più delicato, perché qui il chatbot mira a spingere l’utente a compiere un’azione immediata: finalizzare un acquisto, iscriversi a una newsletter, donare a una causa. È un passaggio critico, perché la linea tra supporto e manipolazione si fa sottilissima.
    • Misure etiche: richiedere sempre conferme esplicite, dare la possibilità di annullare in ogni momento, usare un linguaggio trasparente e non ingannevole. Ad esempio, invece di “questa offerta scade subito, non lasciartela sfuggire”, un approccio etico sarebbe: “questa offerta è valida fino a mezzanotte, puoi decidere con calma”.

Questa classificazione chiarisce un punto cruciale: non è la persuasione in sé a essere pericolosa, ma come viene esercitata. Un chatbot progettato in modo etico diventa un facilitatore, che aiuta l’utente a prendere decisioni più informate. Un chatbot senza regole, invece, rischia di diventare un agente di manipolazione cognitiva, soprattutto verso chi non ha strumenti critici per difendersi.

Strumenti per garantire protezione e fiducia

Parlare di etica nei chatbot perlocutivi non basta: servono strumenti concreti per verificare che i principi vengano rispettati. Ogni azienda che decide di adottare un chatbot capace di indurre azioni dovrebbe dotarsi di un sistema di controllo multilivello.

  • Audit etico periodico
    Valutazioni regolari, interne o affidate a terze parti, che analizzino i dialoghi generati dal bot e verifichino la coerenza con i principi di trasparenza, inclusività e non manipolazione.
  • Simulazioni con utenti vulnerabili
    Test reali con anziani, minori o persone con bassa alfabetizzazione digitale. Queste prove permettono di capire se il chatbot può generare pressioni indebite o messaggi fuorvianti in contesti sensibili.
  • Log delle interazioni
    Archiviare e analizzare le conversazioni per individuare eventuali pattern problematici (es. pressioni ripetute, linguaggio aggressivo). I log sono anche uno strumento utile per garantire accountability in caso di contestazioni.
  • Canali di feedback immediati
    Ogni chatbot dovrebbe offrire all’utente la possibilità di segnalare facilmente un problema o una sensazione di disagio. Questo non solo riduce il rischio, ma contribuisce a costruire un clima di fiducia tra azienda e cliente.
  • Collaborazione con esperti di etica e psicologia
    Integrare nel processo di design figure professionali che possano valutare gli effetti cognitivi ed emotivi delle interazioni, garantendo un approccio sostenibile ed etico fin dalla progettazione.

Implementare questi strumenti non significa rallentare il business. Al contrario, è un investimento di lungo periodo: un chatbot trasparente e rispettoso costruisce fiducia duratura, che è la risorsa più preziosa in un mercato sempre più competitivo.

Il valore di una persuasione sostenibile ed etica

I chatbot perlocutivi rappresentano una delle frontiere più affascinanti del marketing digitale: possono guidare un cliente verso una scelta, semplificare un processo, creare interazioni personalizzate e coinvolgenti. Ma lo stesso strumento che apre nuove opportunità può trasformarsi in un boomerang se usato senza attenzione.

La linea tra persuasione etica e manipolazione scorretta è sottile. Un chatbot che induce azioni senza trasparenza mina la fiducia del cliente, e la fiducia persa è molto più difficile da riconquistare di una vendita mancata. Al contrario, un chatbot progettato in modo sostenibile ed etico diventa un alleato strategico: non solo genera conversioni, ma rafforza la reputazione e consolida relazioni durature.

Da sempre, in Pistakkio crediamo che la tecnologia abbia senso solo se costruisce fiducia. Per questo progettiamo soluzioni digitali dove l’intelligenza artificiale non sostituisce la relazione, ma la sostiene. Perché il vero valore non è convincere una persona a compiere un’azione oggi, ma costruire con lei una relazione di lungo periodo.

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Fabrizio Gabrielli

Mi piace camminare all'aria aperta, amo le penne stilografiche e la mia moto Kawasaki ER6-f. SEO Expert, Growth Hacking Manager e web marketing addicted. Dopo una ventennale collaborazione con svariate multinazionali, soprattutto dalla Germania e dagli USA, nel febbraio 2019 ho fondato Pistakkio®, che è marchio registrato in tutta Europa. Creo Valore nel posizionamento SEO di progetti web e faccio pubblicità online su Google Ads per le piccole e medie imprese del tessuto imprenditoriale local business in Toscana e in tutto il Centro Italia.